Il grande Gazometro è ormai da tempo entrato a far parte del paesaggio urbano della città di Roma, emblema dell’archeologia industriale della Capitale e oggetto negli ultimi anni di varie
ipotesi di riqualificazione e di riutilizzo.
Ma come nasce l’Officina del gas di S.Paolo ? Quale fu l’evento che generò l’esigenza di avere a Roma i gasometri dove immagazzinare il gas ?
E’ semplicissimo, il motivo cardine fu l’illuminazione pubblica che nelle città, nei primi decenni dell’ ottocento, in tutta Europa, fu un buon rimedio in merito alla sicurezza ed all’urbanizzazione delle città.
Il sistema d’illuminazione pubblica ad olio, veniva rapidamente sostituito da un nuovo sistema basato sulla combustione del gas prodotto dalla distillazione del carbon-fossile, opportunamente depurato.
Questa tecnica portava alle immagini delle officine del gas che modificavano il paesaggio delle città, facendo nascere i grandi gasometri che con la loro intelaiatura in ferro dominavano l’intero scenario.
L’officina di San Paolo entrava in funzione nel luglio del 1910. I primi impianti di Via dei Cerchi (1852) in corrispondenza del Circo Massimo e di via Flaminia risultavano ormai inadeguati alle nuove esigenze di Roma Capitale e l’aumento dei consumi aveva reso necessaria la costruzione di una nuova, grande officina nella quale accentrare la produzione e adottare nuovi sistemi di produzione e di lavoro, in modo da realizzare una maggiore economia nella produzione del gas e nello smaltimento dei sottoprodotti.

L’ubicazione dell’officina, all’interno di un’ansa del Tevere, chiusa sul lato nord da via del Commercio e ad est da via Ostiense su cui affaccia l’accesso principale, risultava ottimale per l’approvvigionamento delle materie prime: il trasporto del carbone che giungeva dall’Inghilterra nel porto di Civitavecchia veniva effettuato o attraverso il breve raccordo alla linea ferroviaria Roma – Pisa o attraverso il fiume. Il terreno dove sorge l’officina, si trovava a 10 metri sul livello del mare, ma viene portato a 14 metri per lasciare un margine di m 1,25 sopra le più alte piene del Tevere in quel punto.
In prossimità del fiume si avevano i magazzini del carbone, le sale forni e due vasti piazzali per il deposito del coke. Di seguito erano installate due sale per le macchine per l’estrazione del gas e per la depurazione umida; le vasche per l’acqua ammoniacale e per il catrame; il locale per la depurazione secca del gas; il locale per la misura e distribuzione del gas, i gazometri; due fabbricati per il gas-acqua e relativo gazometro. I lavori iniziano nel 1908; il progetto originario è firmato dall’ingegner Ulderico Bencivenga. Tra il 1908 e il 1910, la Società Anglo – Romana presenta in Commissione edilizia i progetti per gli impianti produttivi e ausiliari di due officine sull’Ostiense, per un’area complessiva di 119.850 mq, di cui 21.950 sarebbero stati occupati dall’officina elettrica (oggi ACEA) e i rimanenti 97.000 dall’officina a gas (attuale ITALGAS).

L’officina possedeva due batterie da 10 forni ciascuna e due batterie da 6 forni. La fase successiva a quella di cottura nei forni, consiste nella depurazione del gas che  avviene per un procedimento fisico e chimico.
Il gas così prodotto era pronto per essere misurato e distribuito. Dal misuratore il gas veniva avviato al gasometro, un serbatoio costituito da una grande campana metallica, galleggiante su una vasca circolare piena d’acqua e regolata da un sistema di contrappesi grazie ai quali si poteva determinare l’altezza del cilindro sul livello dell’acqua e quindi la pressione del gas nelle condotte sotterranee. Questo tipo di gazometro utilizzato a Roma è denominato a “telescopio”, in quanto il cilindro interno, attraverso le guide laterali, si innalza, indicando la capacità del gas contenuto.
I tre gasometri di minori dimensioni, entrati in funzione tra il 1910 e il 1912, sono stati costruiti da Samuel Cuttler & sons Londra, ed una capacità rispettivamente di 25.000 mc. e di 60.000 mc.  (il terzo).

Il grande gasometro, sottoposto poi a vincolo architettonico, fu invece costruito nel 1936 dalla ditta Klonne Dortmund e Ansaldo di Genova, ha una capacità di 200.000 mc.

Vari interventi di manutenzione straordinaria sono stati eseguiti negli anni 1966, 1968, 1974 alle guardie idrauliche, culminanti nella decisione di non utilizzare il gasometro oltre la capacità di 65.000 mc (non oltre la seconda alzata). Nel 1923, con l’uscita dei capitali inglesi, l’Anglo Romana assume la denominazione di Società Elettricità e Gas di Roma. Nell’arco di due anni le due società si scindono e il 21 dicembre 1925 è costituita la Società Romana Gas. Intanto le applicazioni del gas, limitate in origine quasi esclusivamente all’illuminazione, si andavano gradualmente estendendo al campo degli usi domestici e a quello della forza motrice. Durante il regime fascista, nell’ambito della politica autarchica viene adottata un’ampia propaganda a favore degli usi domestici del gas, specialmente per scaldabagni e ferri da stiro per cui, negli anni Trenta, risulta un potenziamento degli impianti. Dopo la guerra, nel giro di pochi anni, si provvede a ripristinare la potenzialità dei forni (ridotta al 46% dai danni bellici), ricostruendo gli impianti distrutti e potenziandoli, per far fronte al forte sviluppo della città. L’impianto di carbonizzazione di Roma, così riorganizzato, costituiva la più grande installazione europea di forni a distillazione continua, risultando costituito da 120 camere verticali, sistema Woodall-Duchkam da 9 tonn./giorno ciascuna e da 32 camere verticali sistema Koppers da 12 tonn./giorno. Nell’area dell’Officina a gas di San Paolo, vi lavoravano principalmente ergastolani ed elevatissimo era l’indice di mortalità degli operai fuochisti per le esalazioni dei gas nocivi.
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